ho smesso di chiamarmi architetto.
Scrollavo il mio sito web. L’ho costruito da sola come tante altre opportunità del mio lavoro. Ho iniziato a maneggiare i codici quando ho aperto il blog, dodici anni fa ormai, non lo sapevo fare chiaramente ma avevo studiato molte formule matematiche nel mio percorso di studi che forse in qualche modo sono servite a qualcosa. Lo guardo con ammirazione personale e un po’ di tristezza, frustrazione, rabbia. Non so benissimo come esprimere le mie emozioni in questa fase molto introspettiva della mia vita. Scrivo per questo spesso, per guardarmi dentro. Mi succede anche quando leggo, ma scrivere è molto più liberatorio. Lo guardo pensando a quanto avrei ancora voglia di dare e di fare. Avverto una diffusa sensazione di creatività repressa. Ho conosciuto molte persone in questi anni con grandissimi sogni e poche speranze di realizzarli, perché questa storia che se vuoi puoi è un super stronzata che ci hanno raccontato. Condivido in parte il pensiero di provarci, di lavorare duro, di non mollare, di elevarsi ma se questo porterà ad una più sicura consapevolezza personale non è detto che la vita ti restituirà per forza qual cosa. Non credo al Karma ne tantomeno agli oroscopi, ho creduto molto in me stessa, ma quanto questo sia sufficiente per essere felici non l’ho ancora capito. C’è una creatività repressa dentro di me e tutto intorno a me, perché a farcela sono davvero pochi e la variabile non dipende tanto dalle capacità ma dalle opportunità. Qualche anno fa mi sono ritrovata a pensare ad una persona nata in un determinato contesto familiare e culturale, sentivo che io e lei nella vita non avremmo mai giocato lo stesso campionato perché nonostante l’impegno e la fatica che mettevo in scena ogni giorno della mia vita avevo perso un pezzo di occasioni, ricordi, storie che non sarebbero mai arrivate fino a me. Ogni volta che mi fermo a pensare a Milano, alla mia scelta di andare via dal mio mare, trovo sollievo nel constatare quanto questa città mi abbia offerto valore. Quella possibilità di potermi confrontare con cose, persone e realtà non accessibili in un piccolo paese di ventimila abitanti mi ha ispirato, fatto crescere, evolvermi in qualcosa che non sarei mai potuta essere altrove. Avete idea di quanto l’accessibilità ad alcune cose possa trasformare la propria vita? C’è da dire che non tutti sono pronte ad accoglierle, qualcuno non se ne accorge restando indifferente, altri sopportano a malapena gli stimoli.
Ma ci sono anche molte idee sui tavoli dei giovani designer e poca possibilità di realizzarli. A che punto siamo con questa professione?
Qualche settimana fa sulla mia pagina social ho chiesto: se dico architetto tu a cosa pensi? Vi condivido alcune risposte. Sfigato ahahha. Nicchia. Psicologo. Non so se vuoi davvero sentire la risposta. Uno che costruisce la casa intorno a te. Evito di continuare perché è mortificante, come alcune delle conversazioni avvenute in questi giorni. Lui che parla è Alessandro, un mio cliente storico a cui devo progettare una casa lontano da Milano e per questo ho chiesto di farmi supportare da un collega sul territorio.
A: Ho parlato oggi con il geometra, glii ho accennato che avrei un’ amica architetta etc etc. Ha risposto tutto bene basta che non viene a dare ordini durante i lavori.
Io: […] pensierosa evito di rispondere.
Direzione Creativa Villa Salotti ph. Massimilano Tuveri
Nella stessa settimana per lo stesso motivo una cliente parla di me ad uno studio di architetti fuori Milano che ugualmente risponde - sperando che abbia cognizione di causa di ciò su cui ci confronteremo. Gli architetti sono morti e ormai da qualche tempo. Manca il lavoro, manca la stima e manca la retribuzione adeguata.Manca a mio avviso anche una definizione esaustiva.Ho cercato su Traccani la definizione di architetto:
architétto s. m. [dal lat. architectus, gr. ἀρχι-τέκτων, comp. di ἀρχι- (v. archi-) e τέκτων «costruttore»]. – 1. (f. -a) Chi predispone i progetti per la costruzione di edifici e di opere d’architettura in genere, e ne dirige e amministra l’esecuzione; rientrano nell’attività professionale dell’architetto il rilevamento e il restauro degli edifici esistenti, la stima del loro valore, il collaudo delle opere edilizie, le decorazioni e l’arredamento degli interni, e l’urbanistica.
Ho letto i diari di Giancarlo De Carlo, frequentato tutte le fondazioni Milanesi per ascoltare la storia di grandi personaggi, che spesso insieme hanno fatto la storia dell’architettura e del design. Mi guardo intorno, non era quello che avevo immaginato. Posso confermarvi che due persone che ho conosciuto in questo percorso hanno scelto di lavorare da Cos, che probabilmente è più gratificante e meno dispendioso in termini di energia, che molti hanno cercato rifugio nell’insegnamento, altri combattano in una giungla di pretese sottopagate e pochi ce la fanno. Eppure la design week milanese ci restituisce un settore in piena espansione dove l’economia non è dedita al risparmio e il Made in Italy produce nuovi prodotti venduti a costi sempre meno accessibili. Dove sta la verità?
Io nel frattempo lavoro, continuo a scrivere e ad andare con mio figlio ad ascoltare Giovanna Castiglioni e i suo racconti, per costruire un legame con questa città e nella speranza di far crescere in lui un seme che lo porti, in un luogo probabilmente presente solo nella mia fantasia, molto diverso da quello che sto vivendo. Ma fra qualche anno, quando arriverà l’esame di ammissione al politecnico e poi la tesi che cosa gli racconterò? Chi è un architetto? Ma sopratutto per qualcuno ha ancora valore l’esistenza di questo chiamiamolo mestiere? Ci credo cosi tanto che ho smesso di chiamarmi architetto.