Sembra che le cose non abbiano a che fare con le case.
Ho da dirvi alcune cose intorno all’abitare, introducevo così la newsletter di settembre 2023, spinta da un desiderio di indagare il modo della casa da un punto di vista differente, che è nato e poi si evoluto con l'esperienza di Housing For Single People. Sono passati nove mesi, tra nuove letture, rubriche digitali e mostre che hanno catturato la mia attenzione, nonostante per scelta abbia deciso di prendermi una parziale pausa del mando delle ristrutturazioni d’interni, la mia indagine e le mie riflessioni non si sono fermate.
Perché a nessuno piace parlare di case? Mi sono posta questa domanda diverse volte. Non siamo pronti ad aprire uno spazio cosi intimo? O forse occore una riflessione cosi complessa, quanto l'individuo stesso, che nessuno sente la necessità di andare a fondo? Parliamo di città e parliamo di sedie, tanto di sedie, ma la casa resta in un angolo. Anche gli anni della pandemia in cui è stata rimessa fortemente in discussione nei suoi valori e nella sua appartenenza, solo labili riflessioni. Si torna sempre all'oggetto o alla ridondante definizione di rifugio. Sembra che le cose non abbiano a che fare con le case. Da sempre definita come lo specchio dei cambiamenti sociali, resta ancorata a dinamiche culturali che mettono al centro il nucleo familiare e l'aggregazione standardizzata degli ambienti domestici. Il design non dovrebbe mai smettere di chiedersi come vivono davvero le persone, e dovrebbe farlo sincronizzandosi con la vita di oggi valutando i comportamenti, l'insieme dei valori e gli oggetti ma non solo gli oggetti.
In questi anni ho avuto molta difficoltà ad uscire fuori dalla narrativa un po’ superficiale che viene attribuita al mondo della casa, senza puntare il dito verso le riviste del settore più o meno intellettuali, cercavo un approfondimento differente che ho faticato a trovare e poi a consigliare. Ho come la sensazione ultimamente che quello domestico sia un progetto di serie B. Pensate a quanti architetti sono elogiati per il loro lavoro, e quanti designer ricevono riconoscimenti per i loro prodotti, ora ditemi il nome di un interior designer riconosciuto dal mondo del progetto non da Instagram. Magari mi sbaglio ed è solo un pensiero personale.
Di questo e tantissimi alti temi vi ho parlato nell’appendice sulla casa che spero molti di voi abbiano potuto leggere in formato cartaceo. Per chi si è perso questo nuovo approfondimento lo trovate sullo shop.
Sto per chiudere un anno lavorativo diverso e unico in tutto il mio percorso professionale.
Alla fine l’ho fatto. Mi sono presa il rischio (anche emotivo) di traslare il mio lavoro in altre direzioni. Ho fatto molte cose nuove per uscire dalla mia comfort zone da architetto dedicato al mondo della casa per sperimentare cose da cui ero attratta ma non avevo il tempo. Ho raccontato storie, disegnato nuovi prodotti, scattato molte foto. Ho seguito un’azienda in un percorso strategico di rebranding ed è stata un’esperienza forte e formativa che mi ha aperto nuove consapevolezze sulle mie competenze e sulla possibilità di aiutare piccole aziende. Ho scritto tanto, per me e per altri, impaginato, provato, visualizzato, stampato. È stato duro come tutte le cose nuove in cui ti arrabbi quando non capisci ma lo rifarei. Nonostante le difficoltà mi sono sentita sempre soddisfatta dei lavori sul tavolo e delle persone con cui ho lavorato, e ne sono uscita con un grande upgrade a livello persone e non solo professionale. È stato anche l’ultimo anno dedicato ai workshop (diciamo autoprodotti), dopo sette anni e diversi format, ho capito che è meglio fermarsi qui non perché io non ci creda ma ho la percezione che nel mercato attuale questi progetti non siano più percepiti nel modo giusto.
Mi manca progettare case? Sì, ma non troppo. Nel prossimo anno proverò ad incrementare nuovamente i progetti di Interior design ma senza farmi travolgere.
Se non li avete ancora visti vi presento Warmy, Jolie e Sofia i tre nuovi prodotti nati quest’anno dalla mia collaborazione con Villa Salotti azienda per cui ho curato il disegno del nuovo show-room, l’immagine digitale e lo sviluppo di nuovi prodotti.
WARMY
JOLIE
SOFIA
LA CASA IMPERFETTA - INGA SEMPÈ
Una delle poche cose che in questi ultimi mesi è riuscita a fare breccia nella mia testolina sovraesposta alle sollecitazioni è stata la scoperta di Inga Sempè. Vi riassumo la storia. Vado in Triennale mossa dal titolo di questa mostra, sperando che avrebbe potuto darmi qualcosa in termini di ricerca sulla casa. La mostra mi piace, scopro che Inga Sempè aveva disegnato molti prodotti che conoscevo e apprezzavo eppure il suo nome mi suonava totalmente nuovo. Resto affascinata non solo dall’approccio condiviso dell’imperfezione domestica quanto dal vedere composto in un percorso che replica la scena abitativa, lampade, tavoli, sedie, letti, docce, vassoi, specchi, tappeti e maniglie disegnati dalla designer francese che concentra la sua ricerca sugli oggetti domestici di uso quotidiano. Un po’ il mio piccolo sogno personale. Vado al bookshop e trovo la monografia della mostra, non la compro, mi accontento di aver visto la mostra e torno a casa. Scrivo un post, Inga mi ringrazia e mi sembra già una bella persona. Faccio una ricerca online, trovo diversi articoli scritti in occasione della mostra, leggo e mi ritrovo in moltissime parole. Torno al bookshop e compro il libro.
Fino al 15 settembre in Triennale.
Se non riuscite a passare questo articolo vi racconta un po’ di cose da un punto di vista bello.